Farmaci di origine naturale e di sintesi: una falsa contrapposizione

3/11/2015 rivisto il 21/04/2019

Molte persone e una certa propaganda, tendono ad associare un valore positivo a ciò che è naturale e negativo a ciò che non lo è. Termini come "bio", "organico", "naturale" hanno assunto il valore taumaturgico di garanzia di qualità, salubrità, sostenibilità ambientale. Personalmente ho qualche dubbio, ma di certo applicare questo concetto ai farmaci è una solenne sciocchezza.

Cos'è un farmaco?

I farmaci tradizionali (qui non parliamo dei "biologici", cioè vaccini, anticorpi monoclonali, ecc.) sono tali in quanto contengono uno o più "principi attivi" (ed eccipienti, stabilizzanti, solventi inerti) cioè molecole che hanno una certa attività biologica, che sono in grado di indurre un qualche effetto riconosciuto una volta introdotto in un organismo. Effetto che può avere un valore terapeutico, diagnostico (es. mezzi di contrasto) o anche tossico a seconda delle dosi, della via di somministrazione, della specie di destinazione. Gli antimicrobici sono tossici per i batteri ma non per le cellule eucariote, i chemioterapici possono essere tossici (citotossici) perché quello è l'obiettivo terapeutico (es. distruggere le cellule in rapida proliferazione quali le cellule neoplastiche), i corticosteroidi alterano certi meccanismi fisiologi quali i processi infiammatori e la funzionalità del sistema immunitario, altre classi di farmaci intervengono su specifici processi metabolici, nervosi, ecc.
Una sostanza, o meglio una molecola è composta da atomi legati tra loro in una determinata conformazione spaziale ed è questo che conferisce a quella molecola la capacità di interagire con un sistema biologico. Che questa molecola sia estratta da una pianta o riprodotta in laboratorio non cambia assolutamente nulla: un atomo di carbonio è un atomo di carbonio, un legame covalente è un legame covalente, la conformazione spaziale è quella e non un altra.

Tossicità, cancerogenicità, mutagenicità o qualunque altra forma di danno che può causare una sostanza ad un sistema biologico non è una prerogativa delle sostanze di sintesi. Se solo pensiamo ai serpenti, ai ragni a certi pesci velenosi, a certi funghi e a certe piante, ci rendiamo immediatamente conto che la natura è stata molto più brava dell'uomo nell'inventare veleni funzionali a svariate e spesso sofisticate strategie difensive (da altre piante, dagli erbivori, ecc.) od offensive (es. immobilizzare una preda).

Tutte le sostanze, le molecole, che hanno un effetto terapeutico hanno anche un effetto tossico: se andate in DrugBank(1) e digitate il nome di un qualunque farmaco troverete (quasi sempre), tra le altre indicazioni, anche la tossicità espressa come LD50 (Lethal Dose 50 o dose letale mediana o tossicità acuta), ovvero la minima dose che causa la morte del 50% dei soggetti esposti in un certo lasso di tempo (solitamente si riferisce al topo o al ratto per via endovenosa od orale). Un altro parametro usato in farmacologia è la ED50, ovvero la minima dose che produce una risposta biologica nella metà dei soggetti esposti. Il rapporto tra LD50 e ED50 ci fornisce l'indice terapeutico (o margine terapeutico) che quanto più è basso tanto più è indicativo della pericolosità del farmaco: ad esempio gli anticoagulanti hanno un indice terapeutico basso mentre è alto nei più comuni antibiotici.

A determinare la tossicità, o comunque la pericolosità di una sostanza concorre indubbiamente la dose ma ci sono anche altre aspetti da tenere in considerazione: la via di somministrazione, la specie di destinazione, le indicazioni, le interazioni tra farmaci/sostanze. Esempi banali.
Sarà capitato a tutti di assumere un cucchiaino di bicarbonato di sodio sciolto in un bicchiere d'acqua per l'acidità di stomaco senza particolari conseguenze ma sarebbe ben diverso se quella stessa quantità venisse assunta per via endovenosa: probabilmente non lo potreste raccontare. Il bicarbonato di sodio EV viene utilizzato in medicina d'urgenza a fronte di grave acidosi metabolica o arresto cardiaco e sotto stretto controllo.
La specie di destinazione: non tutti i farmaci possono essere somministrati indifferentemente all'uomo, al cane o al gatto: l'acetaminofene ad esempio è estremamente tossico per il gatto, la permetrina si usa come antiparassitario sul cane ma è tossica per il gatto (il "famoso" Advantix che non va assolutamente usato nel gatto).
L'indicazione: se assumo un antibiotico a fronte di una infezione virale, al di là del discorso sulla antibiotico resistenza, non succede nulla: se però assumo un diuretico, un antipertensivo, l'insulina quando non necessario i rischi possono essere, come evidente, anche molto seri.
Infine le interazioni: tutti o quasi sanno delle interazioni (da evitare) tra antidepressivi e psicofarmaci in genere ed alcolici ma ci sono tante altre interazioni tra farmaci che possono essere pericolose e/o inattivare/depotenziare uno dei principi attivi in combinazione.

Tutti i farmaci vengono studiati sotto il profilo della farmacodinamica (lo studio dei meccanismi d'azione) e della famacocinetica (assorbimento, metabolismo, distribuzione, escrezione - ADME) e viene stabilito il dosaggio, il profilo di tossicità (eventuale epatotossicità, nefrotossicità, ecc.), la specie di destinazione, le vie di somministrazione (orale, endovenosa, ecc.) e le eventuali interazioni con altri farmaci/sostanze.

La medicina ha sempre fatto uso di principi attivi di origine naturale, ricavandoli da piante, animali o minerali con i metodi allora a disposizione: gli infusi, decotti, polveri, ecc. e solo nel XIX secolo è nata la farmacologia come disciplina scientifica e si è cominciato a preparare i primi farmaci di sintesi.
In base alla loro origine i farmaci si classificano in naturale, semi-sintetica e sintetica. Nella farmacologia moderna si è progressivamente abbandonata la pratica della manipolazione sommaria dei prodotti di base di origini vegetale (e animale o minerale) a favore dell'isolamento del principio attivo desiderato e della sua copia di sintesi. Molti farmaci hanno invece un'origine semi-sintetica, derivano cioè da molecole di origine naturali opportunamente purificate e modificate per migliorarne determinati aspetti di farmacocinetica o farmacodinamica (ad es. molti antimicrobici). Infine i farmaci di sintesi sono molecole che non hanno un corrispettivo in natura.

La farmacologia moderna non disdegna certo le molecole naturali ed esiste una letteratura piuttosto consistente(2) che affronta queste problematiche nelle sue diverse implicazioni.

Naturali o "chimici"?

Ma il farmaco che viene prescritto è naturale o chimico? Come accennato, è alquanto improbabile che la confezione di compresse che ritiriamo in farmacia sia prodotta raccogliendo una certa pianta, facendola essicare e pestandola in un mortaio, ma è invece molto probabile che in quelle compresse ci sia una molecola del tutto identica o simile ad una naturale. Se si dovesse produrre la mitica aspirina estranedone il principio attivo dalla corteccia di salice sarebbe piuttosto complicato visti i volumi di consumo; inoltre la produzione industriale dei farmaci garantisce assenza di impurità e maggior precisione nel dosaggio.
Alcuni esempi di farmaci di diversa origine:

Far passare l'idea che un principio attivo non fa comunque male in quanto naturale, sottintendendo o sostenendo esplicitamente che quello di sintesi è pericoloso "per definizione" è pura e pericolosa idiozia. Ci sono sostanze biologicamente attive, che a determinate concentrazioni e per determinate vie di somministrazione hanno degli effetti terapeutici e altre no: che siano di origine vegetale, animale o di sintesi (o prodotte attraverso biotecnologie) sono sempre molecole che interagiscono chimicamente con altre molecole di un organismo biologico (anche noi e i nostri animali siamo "chimica").

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