La solita storia dei cosiddetti "test FIP"

01/10/2014; rivisto e ampliato il 10/04/2019

Siamo noiosi, ma periodicamente ci sono delle persone che ci contattano preoccupate perché il loro veterinario di fiducia ha fatto un "test FIP" al loro gatto o a gatti di colonia ed è risultato positivo. Peccato che questi veterinari "dimentichino" che i test rivelano sì la presenza del coronavirus (FCoV o FeCV) ma la positività non significa assolutamente che il gatto abbia la FIP, malattia sempre fatale che si sviluppa solo in una piccolissima percentuale dei casi mentre invece l'infezione da FCoV è diffusissima con punte del 100% nei gattili.

Due storie

Prima storia: ci chiedono se possiamo prendere un gatto FIP: hanno altri gatti e non vorrebbero mai che venissero tutti contagiati. Con due domande si chiarisce la situazione: hanno portato il loro gatto a sterilizzare e il veterinario ha fatto fare, oltre al test FIV/FeLV, anche ...quello FIP. Si va a trovare questa persona che ci mostra il referto: oltre a non essere specificata la metodica utilizzata (ELISA, PCR, ecc.) quel test veniva indicato espressamente come "test FIP": ovvio che un proprietario si spaventi. Vediamo il gatto che stava benissimo e gli si spiega che può stare tranquillo perché quel test non indica affatto che il loro gatto abbia la FIP ma solo il coronavirus, e per fortuna la capiscono.

Seconda storia: mi chiama una gattara che aveva portato un gatto di colonia a sterilizzare e il suo veterinario gli ha detto che non poteva rimetterlo in colonia perché "aveva la FIP e avrebbe contagiato tutti gi altri": FIP diagnosticata sempre in base al solito test. In questo caso la signora non ha voluto sentire ragioni e Gattofip è stato accolto a settembre 2014 e tutt'ora sta, ovviamente, benissimo.
Questi sono due casi che purtroppo non si possono considerare sporadici: di storie del genere ne abbiamo sentite parecchie e non è difficile immaginare che qualche volta o spesso l'epilogo non sia stato lieto. Va detto che il "misunderstanding" relativo a questi test non è solo a causa di veterinari e alcuni laboratori che colpevolmente confondono FCoV e FIPV, ma anche di alcuni produttori che etichettano questi test come "test FIP" e non come "test FCoV".

Della FIP, in termini di patogenesi, segni clinici, diagnosi, ecc. se ne parla in altri articoli: qui vogliamo solo sottolineare che il coronavirus felino (FCoV) è un virus intestinale comunissimo specie nei gatti che vivono in comunità (colonie e ancor più gattili) e che provoca segni clinici lievissimi e spesso inosservati: molti gatti eliminano l'infezione nell'arco di qualche mese (3-9 mesi), altri restano carrier a vita, altri subiscono delle reinfezioni. Solo in una piccolissima percentuale di casi questo virus, replicandosi, subisce una mutazione che causa la FIP.

Altra leggenda metropolitana è la storia del gatto FIP che infetta gli altri: la FIP si trasmette sperimentalmente per via iatrogena ma non ci sono evidenze di trasmissione naturale del coronavirus mutato ad eccezione di un solo report(1) relativo ad un caso di "FIP outbreak" riscontrato in un gattile di Taiwan e che riguarda una rarissima mutazione.
In due parole: il FCoV è un virus che colonizza l'intestino e per questo escreto con le feci che sono il veicolo di trasmissione. Quando muta e assume la forma patogena entra nel circolo ematico e infetta i macrofagi (un tipo di leucocita). Nei gattili, che sono l'ambiente più a rischio, possono esserci alcuni casi temporalmente correlati ma non si può parlare di rischio di epidemia come ad esempio succede per la panleucopenia. In ogni caso, se anche venisse escreto il virus mutato, isolare il gatto a diagnosi avvenuta sarebbe un po' come il classico "chiudere la stalla quando i buoi sono scappati".


Gattofip ...che non ha la FIP

FCoV e FIP, escrezione e test

Come accennato il coronavirus felino (FCoV o FECV) è un virus enterico molto diffuso (40% tra i gatti di proprietà, oltre il 90% nei gattili) e normalmente causa anoressia transiente e moderata diarrea generalmente autolimitante. Il FCoV è un virus enveloped ssRNA(+) appartenente alla famiglia dei Coronaviridae: quando questi virus si replicano, per via delle loro caratteristiche genetiche, accumulano un tasso di mutazioni molto alto e in qualche caso, alcune di queste mutazioni risultano altamente patogene e conducono alla FIP: in questo caso si parla di FIPV.

Da un ampio studio(2) condotto su gatti di casa (singoli) e di comunità è emerso che un 10% circa dei gatti erano escrettori persistenti (carrier), la metà rimanevano escrettori per un periodo dai 3 ai 9 mesi o erano escrettori intermittenti ma si potevano reinfettare e una piccola parte era resistente all'infezione. Questi gatti (150 in tutto) sono stati monitorati nell'arco di 5 anni e in quel periodo 5 di loro sono morti per FIP (3% di mortalità). Le analisi sono state fatte con Rt-PCR su feci e valutando il titolo anticorpale.
Per stabilire in modo affidabile se un gatto ha effettivamente superato l'infezione bisogna valutare, su più campioni a distanza di tempo, la cessazione dell'escrezione e il progressivo declino del titolo anticorpale (anche se alcuni gatti restano comunque sieropositivi pur avendo cessato di essere escrettori).

Da questo studio emerge la difficoltà tecnica di capire se un gatto è escrettore (spesso è intermittente) e se è effettivamente sieronegativo (può essere sieropositivo pur non essendo escrettore).

In un altro articolo(3) vengono comparati diversi test commerciali in relazione a sensibilità e specificità.
Questi test anticorpali, oltre che ragioni di screening, possono essere utili nella clinica per escludere una FIP (con qualche margine di incertezza) ma non per fare una diagnosi di FIP. In presenza di una sintomatologia suggestiva di FIP un risultato negativo di questi test (che possono essere usati anche sull'effusione) può indicare che non si tratta di FIP, anche se, in presenza di un'alta concentrazione di virus, il test anticorpale può risultare comunque negativo. Al contrario, un risultato positivo indica ben poco: ci dice solo che il gatto ha un'infezione in corso da FCoV, o che questa infezione è in corso di superamento (non è più escrettore ma presenta ancora un titolo significativo) ...ma non certo che si tratti di FIP.
Va infine ricordato che da alcuni anni è commercialmente disponibile(4) una PCR che ricerca due specifiche mutazioni del FCoV indicative di FIP. Questo test è indicato sull'effusione (non su siero) dove ha evidenziato una buona specificità, ma bisogna sempre ricordare che una buona specificità, cioè la capacità di un test di escludere falsi positivi, non è mai assoluta: nello studio citato, si è, ad esempio, riscontrato un falso positivo.

Ricordiamo che la diagnosi di FIP (specie nella forma secca) è molto complessa, che non può prescindere dalla presenza di chiari segni clinici, che non c'è un "test definitivo" e che si deve sempre valutare l'andamento clinico prima di prendere decisioni definitive. Di certo e nel modo più assoluto, non si può fare una diagnosi di FIP sulla base di un test rapido anticorpale su un gatto che non presenta alcun sintomo..

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