L'importanza del metodo: un caso di emangiosarcoma

14/04/2016

Parliamo di un caso di emangiosarcoma di un cane ma soprattutto vogliamo parlare del metodo, dell'atteggiamento rinunciatario di molti veterinari, specie a fronte di casi oncologici. In questo caso non si trattava, come al solito di un tumore ad alto grado che effettivamente è "senza prognosi", ma di un basso grado che invece è trattabile: se solo si approfondisse l'istologico...

Il caso clinico

Il caso di cui parliamo riguarda una meticcia di 16 anni che i veterinari li ha sempre conosciuti solo per dei regolari controlli. Improvvisamente sta male, non si regge in piedi, non mangia, ha le mucose pallidissime. I proprietari la portano in una clinica a tarda ora e il mattino seguente viene operata d'urgenza. C'è una rottura della milza che presenta l'aspetto di un emangiosarcoma al II/III stadio(1); è necessaria una autotrasfusione utilizzando il sangue che invade il distretto addominale. L'intervento va bene e la cagnetta si riprende in pochi giorni: certo è che la diagnosi, poi confermata dall'istologia, non lascia molte speranze.
Giustamente i proprietari cominciano a informarsi presso la struttura dove è stata operata e consultando altri veterinari per sapere se sia necessario fare dei trattamenti chemioterapici ricevendo pareri contrastanti: alcuni propongono il protocollo citotossico classico altri suggeriscono di non fare niente (probabilmente vista l'età del cane e l'aggressività di questo tipo di tumore).
In cerca di un ulteriore parere che possa aiutarli a prendere una decisione si rivolgono all'Istituto Veterinario di Novara dove prima di esprimersi chiedono di fare una TAC total body per valutare la presenza di metastasi che dopo oltre un mese dall'intervento sono più che probabili...

Sorpresa: nemmeno il più piccolo segno di metastasi e nessuna altra alterazione (da notare che la sopravvivenza media con emangiosarcoma splenico trattato solo chirurgicamente è di 1-2 mesi). La Dott.sa Chiara Leo (dipl. ACVIM Oncology), responsabile del reparto oncologico, contatta immediatamente il patologo che ha refertato il campione istologico per chiedere una verifica ed esami più approfonditi.
Passa un'altra settimana e arrivano i risultati di questo ulteriore accertamento: si conferma sì la diagnosi di emangiosarcoma ma con basso indice proliferativo. Si esclude, almeno al momento, di adottare un protocollo chemioterapico classico (VAC)(2) per orientarsi su una terapia metronomica che è sempre "una chemio" ma a basso dosaggio, con minori effetti collaterali e che si somministra oralmente a casa.

Fin qui la storia, ma cosa ci puo' insegnare?

Ma il metodo sarebbe stato importante comunque, anche nel caso in cui da quella TAC fosse risultata una situazione completamente diversa: si sarebbe potuto impostare il trattamento più adeguato alla situazione in essere o decidere di non fare nulla; ma a ragion veduta e non solo sulla base di un dato statistico (l'aggressività di quel tipo di tumore) o di una poco scientifica considerazione sull'età dell'animale.

Alcune note sulla chemioterapia

Emangiosarcoma: è un tumore maligno altamente metastatico che origina dalle cellule endoteliali che costituiscono la parete interna dei vasi sanguigni. È un tumore relativamente comune nel cane (specie nei pastori tedeschi, golden retriever, labrador, ecc) e raro nel gatto. Colpisce primariamente la milza ma anche il fegato, il cuore e altri organi; può anche manifestarsi a livello cutaneo e/o sottocutaneo in forma di piccoli noduli rosso-bluastri e in questi casi può trattarsi della manifestazione secondaria di un tumore primario viscerale.
Lo sviluppo del tumore è normalmente silente e i sintomi variano in dipendenza dell'organo colpito; si possono manifestare sintomi aspecifici quali debolezza, gonfiore/dolore addominale; più spesso si ha una forte ed improvvisa ipovolemia (con conseguente crollo della pressione arteriosa e collasso) e anemia (spesso accompagnata da trombocitopenia e DIC - coagulazione intravasale disseminata) a seguito alla rottura del tumore. Nel caso l'organo colpito sia il cuore si possono manifestare dispnea, aritmie e tachicardia.
La diagnosi comprende esami ematologici e biochimici, test della coagulazione, ecografia e TAC ma un responso definitivo può essere dato solo dall'esame istologico delle lesioni. Il trattamento è in primis chirurgico cui seguono trattamenti chemioterapici che sono efficaci nel prolungare l'aspettativa di vita (6-8 mesi) dell'animale rispetto alla sola chirurgia (1-2 mesi). Gli emangiosarcomi cutanei (quando non sono espressione di un altro tumore primario) hanno generalmente una prognosi più favorevole di circa 2 anni.

Autotrasfusione (o trasfusione autologa): si tratta di una tecnica trasfusionale che prevede il recupero e la reinfusione di sangue dello stesso paziente. In caso di emorragia acuta (ad esempio la rottura di un tumore) il sangue che invade la cavità addominale viene aspirato e trattato con apposite apparecchiature (cell salvage device) che lo rendono adatto per essere reimmesso in circolo. Questa procedura è indispensabile in condizioni di emergenza per salvare la vita del paziente quando non è disponibile un donatore/sacche di sangue e/o non c'è la possibilità di effettuare i necessari test di compatibilità.
Rispetto alla trasfusione omologa, cioè da donatore della stessa specie, l'autotrasfusione presenta vantaggi e svantaggi. Si elimina il rischio delle malattie trasmissibili (nel gatto: FIV, FeLV, Bartonella, Mycoplasma spp, ecc.) e quelli legati a reazioni avverse della trasfusionema ma si corre il rischio di emolisi, trombi, e il fatto che il sangue autotrasfuso può risultare impoverito di piastrine e fattori della coagulazione.

Valutazione dell'indice proliferativo: è possibile effettuare alcuni esami sul campione istologico che permettono di valutare l'indice proliferativo ed avere un'indicazione prognostica di quella che possiamo volgarmente chiamare l'aggressività del tumore.

Chemioterapia citotossica "classica" e metronomica: Il termine "chemioterapia" indica qualsiasi trattamento in cui si utilizzano composti chimici che siano in grado di uccidere degli agenti patogeni: nella letteratura scientifica si può ad esempio incontrare il termine chemioterapia in riferimento ad un trattamento antibiotico (chemioterapia antimicrobica). Nell'uso corrente questo termine è associato solamente alle terapie antineoplastiche (contro il cancro).
In termini molto generici la chemioterapia si basa sul fatto che le cellule tumorali si riproducono molto più velocemente di quella sane e quindi la somministrazione di farmaci che interferiscono con il processo di riproduzione cellulare ha effetti molto maggiori sulle cellule tumorali che non su quelle sane consentendo così di ridurre o contenere l'espansione della massa tumorale. Una delle direttrici della ricerca sul cancro è proprio quella di arrivare alla formulazione di farmaci in grado di agire solo sulle cellule malate e non sulle altre.
Esistono molti protocolli chemioterapici basati sull'utilizzo di farmaci citotossici studiati per aggredire i diversi tipi di tumore nei diversi stadi. Un elemento comune della chemioterapia classica è quello di utilizzare dei farmaci alla dose massima tollerata (MTD); da qui molti degli effetti collaterali e la necessità di lasciare un periodo di pausa tra un trattamento e l'altro.

La chemioterapia metronomica (detta anche anti-angiogenica)(3) si differenzia da quella classica in quanto prevede la somministrazione regolare (quotidiana) di farmaci chemioterapici (quindi sempre citotossici) ma a basso dosaggio; in questo modo si minimizzano gli effetti collaterali legati alla tossicità del farmaco e si ha una azione più efficace nel contrastare la neoangiogenesi neoplastica.
La crescita dei tumori solidi è legata alla possibilità di stimolare la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) da cui trarre ossigeno e nutrienti. I farmaci chemioterapici, agendo sulla riproduzione cellulare, sono efficaci in questa direzione in quanto l'endotelio dei vasi sanguigni è costituito da cellule che hanno un rapido turn-over mitotico ma il lasso di tempo che si deve lasciar passare tra una somministrazione e l'altra permette il riformarsi di questi vasi: si è visto che la somministrazione "continua" e a basso dosaggio è piu' efficace nell'interferire con il meccanismo della neoangiogenesi neoplastica.
Questo tipo di terapia non è da intendersi come sostitutiva della chemioterapia classica ma è indicata in diverse situazioni, da sola o in combinazione con la terapia classica e/o altri approcci terapeutici.

(Articolo approvato dal Dipartimento di Oncologia dell'Istituto Veterinario di Novara)

Livia Ferro, DVM; resident ECVIM-CA Oncology; Anicura Ist Vet Novara

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