Compromessi nel lavoro con i gatti

02/02/2015 rivisto 02/05/2019

Occuparsi di gatti in un rifugio significa dover prendere atto di "stati di necessità" e quindi cercare di fare il meglio nelle condizioni date. In altre parole: scendere a compromessi.

Una delle questioni piu’ sentite, anche se non la più importante, è quella della convivenza tra gatti sani e gatti FIV o FeLV positivi. Sappiamo che si tratta di malattie trasmissibili, che per il FIV non c’è vaccino e che per il FeLV, il virus più pericoloso, quelli esistenti non sono la soluzione. Di qui l’indicazione di evitare la convivenza (sopratutto per quanto riguarda gatti FeLV e sani).
I gatti si possono testare, è vero, ma i tutti i test presentano dei "margini di errore" e non testano sempre "la stessa cosa": inoltre, il FeLV si sviluppa in modo piuttosto anomalo e un semplice test non garantisce un risultato ragionevolmente certo.
Ma anche ammesso di testare i gatti in modo affidabile, che si fa quando la possibilità di separazione non c’è? …di solito si comincia il giro delle telefonate per cercare la persona o il rifugio che possa accogliere il micio FeLV positivo. Sono colloqui spiacevoli per chi si trova a dover chiedere e per chi si trova spesso a dover dire di no…

Purtroppo le strutture o le persone che si occupano specificatamente di gatti FeLV sono ancora più rare dei già rari gattili …e di gatti FeLV positivi ce ne sono tanti. In termini logici, quando non c’è possibilità di accoglienza, quando non ci sono strutture adatte per la separazione restano solo tre soluzioni: o si fa l’eutanasia ai gatti FeLV (e non è proprio da fare) o li si abbandona al loro destino o si accetta di mettere a rischio gli altri.

E’ da "criminali"? No, è prendere coscienza di uno stato di necessità che riguarda la gestione dei gatti FeLV come di tanti altri aspetti di questo lavoro. Non è rassegnarsi a fare le cose male ma cercare le possibili soluzioni per contenere o minimizzare i rischi, avendo ben presente che non c’è solo la questione "FeLV" e che bisogna valutare i problemi sia nello specifico che nel loro insieme.

Ci sono tante cose che non si riescono a fare bene vuoi per ragioni economiche, strutturali, organizzative e …diciamolo pure, culturali. In questo piccolo elenco ne trovate alcune:

Ma ci sono anche altre cose che non si riescono a fare o si fanno male: le quarantene, il controllo delle infezioni fungine (anche quando non si vedono e a maggior ragione sarebbero importanti nei gatti che si danno in adozione), la somministrazione delle diete per determinate patologie (es. molto utili nelle patologie renali, "indispensabili" su gatti allergici o diabetici).

Non c’e’ solo FIV e FeLV. Di danni, anche gravi, ne facciamo in tante altre circostanze. Si può migliorare qualcosa? Limitare i danni almeno in parte? Crediamo di sì.

Quindi chiediamoci: ha senso curare l’occhio malandato di un gattino presso il miglior specialista e poi rischiare la panleucopenia perché magari ci siamo dimenticati di vaccinarlo? Ha senso separare i gatti FeLV dai sani e poi trascurare le profilassi antiparassitarie quando di una brutta strongilosi si può morire? E a proposito di ciò che può o non può avere senso chiediamoci qual'è l'aspettativa di vita di un gatto di gattile e qual'è l'aspettativa di vita di un gatto FeLV ...e vedremo che non sono molto diverse.

Chi si occupa di un gattile o accoglie dei gatti dovrebbe entrare nell’ottica di puntare ad un equilibrio tra fattibilità, costi ed energie finalizzate al miglior livello sanitario possibile. Non il migliore in assoluto, ma il migliore possibile. Soprattutto evitando di fare il massimo su un fronte e lasciare poi l’altro scoperto.

Abbiamo accennato a qualche considerazione tra le tante che si possono fare in tema di gestione di rifugi e colonie: ma ve n'è una su tutte, la più importante. Per gestire al meglio un rifugio occorre studiare: non basta la passione, l'amore per gli animali, l'animalismo. Occorre innanzitutto prendere dei libri in mano, cercare di capire "come funziona un gatto", imparare qualcosa di biologia, di medicina, di etologia; ascoltare consigli qualificati e cercare di applicarli con spirito critico alla difficile realtà dei rifugi.
Chi gestisce un rifugio non deve certo fare il "veterinario fai da te", non deve somministrare farmaci così (anche se ora con la REV è più difficile), non deve fare le diagnosi, non deve mai dimenticare che un medico si è formato con anni di studi e di pratica e sapere "qualcosa" di veterinaria è ben diverso dall'essere un veterinario. Deve però saper interpretare le indicazione dei medici, deve saper scegliere a quali strutture rivolgersi.

In questo articolo abbiamo accennato a tanti argomenti quali le malattie infettive, i test, la disinfezione, ecc. di cui potrete trovare maggiori approfondimenti in altre sezioni e articoli del sito.

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