Inserimenti difficili (rehoming)

27/12/2019

Inserire un gatto in un contesto diverso può non raramente essere alquanto problematico, e non è solo un problema dei gattili. Il rehoming, specie per gatti adulti/anziani che sono sempre vissuti in casa non è una questione di poco conto e non raramente, una cattiva gestione del caso può comportare la fuga del gatto o l’insorgenza di gravi patologie. Se in tanti casi è sufficiente un po’ di attenzione e di esperienza, in altri è necessario il supporto di un comportamentalista, un medico veterinario specializzato nell’affrontare questi e altri disturbi del cane e del gatto (esiste anche una specifica specializzazione in ambito di College Europeo ECAWBM: Animal Welfare and Behavioural Medicine).

Neve, gatta aggressiva

Neve è una magnifica gatta bianca a pelo lungo con gli occhi azzurri di 10 anni, sempre vissuta in casa con accesso all’esterno. Arrivata al rifugio viene collocata in un gabbione in modo che possa vedere il nuovo ambiente e al tempo stesso si senta protetta. Lei, da subito, ha manifestato una forte aggressività, rifiuto del cibo, ritenzione urinaria: questo per un paio di giorni.

I gatti appena arrivati vanno sempre tenuti in una gabbia sufficientemente ampia da contenere un trasportino/cuccia in cui rifugiarsi, la cassetta e la zona cibo. Lasciarli liberi, in un locale con altri gatti è sempre da evitare, sia per evitare possibili episodi di aggressività (da parte dei gatti stanziali verso il nuovo arrivato o viceversa) sia perché il gatto non sarebbe controllabile. È importante potersi assicurare che il gatto mangi, che beva normalmente, che urini. Se il gatto, specie se maschio, non urina per 48 h o più può andare incontro ad ostruzione urinaria e/o sviluppare una cistite idiopatica (FIC)(1) e deve essere prontamente sottoposto a trattamento medico e/o cateterizzazione. Inoltre, verificare se e quanto mangia, se e quanto beve, l’aspetto delle feci e delle urine costituiscono altrettanti fondamentali dati anamnestici di base.

Che un gatto manifesti comportamenti aggressivi per alcuni giorni, per una settimana o poco oltre è relativamente normale e non deve impensierire più di tanto. Neve, dopo un paio di giorni aveva cominciato a nutrirsi, urinare e defecare regolarmente ma il comportamento aggressivo, se possibile, peggiorava: si scagliava contro la gabbia quando si avvicinava una persona, aggrediva quando si cercava di pulirgli la gabbia o somministrare il cibo, ringhiava e soffiava quando avvertiva la vicinanza di qualcuno; per fortuna non tentava di scappare. Queste “gentilezze” erano rivolte solo agli umani e in misura trascurabile verso gli altri gatti, che peraltro la ignoravano quando dava in escandescenze.

Neve

Era illusorio pensare che la situazione si sarebbe normalizzata solo col tempo e nemmeno era pensabile lasciarla libera; si è quindi richiesto l’aiuto di un medico comportamentalista che ha proposto una terapia farmacologica (2). Queste terapie, come anche in umana, non sortiscono effetti “miracolosi” e soprattutto non in tempi brevi. Neve stava sempre in gabbia a assumeva il farmaco con il cibo. Nel frattempo, si è deciso di valutare la funzionalità tiroidea: la gatta non presentava sintomi ascrivibili all’ipertiroidismo se non l’aggressività (possibile anche se non sempre presente in questi casi) ma l’età, e il fatto che fosse sempre vissuta in ambiente casalingo potevano far sospettare un’alterazione della funzionalità tiroidea.

Niente, la tiroxina era perfettamente nei range e gli altri esami non rivelavano alcunché di anomalo: “purtroppo” Neve stava benissimo e si trattava effettivamente di un problema comportamentale che non aveva una causa fisiologica.

Dopo alcuni aggiustamenti del dosaggio, e alcuni mesi, il comportamento era migliorato: era sempre aggressiva, ma meno, più gestibile. A quel punto, in accordo con il medico si è cominciato a scalare gradualmente il farmaco fino a toglierlo del tutto senza registrare peggioramenti nel comportamento.
Neve è rimasta in gabbia circa 4 mesi dopodiché la si è lasciata, finalmente, libera. Non si può dire che sia diventata “un amore” ma si è integrata con gli altri, è perfettamente gestibile e poco per volta comincia perfino a gradire qualche carezza …ma poche, eh.

Trilli e Nerina: anoressia da stress

10 e 4 anni, sempre vissuti in appartamento: Trilli, un gattone rosso, è docile e socievole; Nerina è una paurosa patologica.

I gatti “figli unici”, specie se non giovani, se sono sempre vissuti in appartamento, con un forte rapporto con il proprietario sono solitamente di più difficile inserimento in un gattile (ma anche in occasione di un cambio di abitazione, oppure possono sviluppare comportamenti aggressivi o di paura/senso di abbandono in caso dell’inserimento di un nuovo gatto).

Trilli è ovviamente e comprensibilmente spaesato ma non sta dando particolari problemi; Nerina invece sì: cerca qualunque modo per nascondersi nella gabbia, non mangia, urina sul posto senza cercare la cassetta. Uno, due giorni senza toccare cibo sono accettabili ma oltre no. Il digiuno prolungato, ma anche una alimentazione insufficiente, sono causa di una grave, e anche letale patologia: la lipidosi epatica (3). Per ragioni connesse al particolare metabolismo del gatto (che a differenza del cane è un carnivoro stretto) il digiuno, specie nei gatti tendenzialmente obesi porta ad una smobilitazione del grasso periferico verso il fegato, dove viene immagazzinato oltre misura causando perdita di funzionalità degli epatociti e colestasi intraepatica; se non riconosciuta e trattata tempestivamente la lipidosi epatica è letale.

Trilli e Nerina

Non bisogna dimenticare che lo stress, e il rehoming ne è una causa importante, può indurre anoressia nel gatto indipendentemente da cause fisiche (ipertermia, patologie dentali, ecc.): non vi è nulla di più sbagliato che pensare che il problema si risolva da solo, che “la fame” lo indurrà comunque a mangiare.
Nerina pian piano comincia ad avere un comportamento più rilassato, ma bisogna sempre imboccarla con la siringa per stimolarla a mangiare.

La gabbia (o un ambiente dedicato) è necessaria nei primi giorni o settimane sia per poter controllare il gatto che per dargli il tempo di tranquillizzarsi e rendersi conto che si trova in una ambiente dove viene nutrito e non è maltrattato, ma, detto questo, non bisogna dimenticare che il confinamento è anche un importante fattore di stress. È necessario trovare un equilibrio tra queste opposte esigenze e chiaramente non ci sono facili regolette da seguire. Alcuni gatti non patiscono la gabbia (il caso di Neve) mentre altri già dopo pochi giorni manifestano la tendenza a voler uscire: è necessario porre attenzione a questi segnali e comunque seguire attentamente il gatto una volta che si trova libero nell’ambiente.

Qualche indicazione (molto generica)

L’inserimento di un gatto adulto in un rifugio richiede sempre alcune accortezze:

Ci sono poi i casi “difficili” (aggressività, anoressia persistente, ecc.) che richiedono controlli medici e/o l’intervento specialistico di un medico veterinario comportamentalista.

Articolo rivisto da Dott.sa Elisabetta Scaglia, medico veterinario, specialista in etologia applicata e benessere animale (Osp. Veteririnario Università di Milano)

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