Immunità passiva: sieri immuni come profilassi nei rifugi

29/12/2016

La somministrazione di sieri immuni (immunoprofilassi) è una tecnica che consente un'immunizzazione rapida nei confronti di soggetti a rischio di contrarre un'infezione o come strumento terapeutico da utilizzare in casi particolari (es. tetano). Si tratta di una tecnica di profilassi che presenta limiti e controindicazioni e che per questo è caduta relativamente in disuso rispetto alle tecnologia vaccinali.

Immunità attiva e immunità passiva

L'immunità passiva è quella che i cuccioli acquisiscono con il colostro o con la somministrazione di immunoglobuline e garantisce una protezione parziale e di breve durata (legata al tempo di decadimento degli anticorpi); l'immunità attiva è quella che si acquisisce a valle del superamento di una infezione o con la vaccinazione: è completa e di lunga durata.

Con immunità attiva e passiva si intendono le due diverse "modalità" per acquisire una immunizzazione contro patogeni non aggredibili dall'immunità innata. Ricordiamo che il sistema immunitario si può schematicamente distinguere in due componenti: l'immunità innata è in grado di attivarsi contro i patogeni più comuni in modo aspecifico, mentre l'immunità adattiva è virtualmente in grado di aggredire qualunque altro agente in modo specifico. Mentre la componente innata del sistema immunitario risponde velocemente e sempre allo stesso modo nei confronti di una infezione, la componente adattiva ha la caratteristica di impiegare un certo tempo (indicativamente una settimana) quando il nostro organismo incontra per la prima volta un determinato agente patogeno mentre, tramite un meccanismo di "memoria", acquisisce la capacità di una risposta rapida ed efficace a successive reinfezioni dello stesso patogeno. Ricordiamo ancora che l'immunità adattiva si distingue a sua volta in due sottocomponenti: l'immunità umorale che è in grado di aggredire i patogeni presenti al di fuori delle cellule negli spazi extracellulari e l'immunità cellulo-mediata che ha la capacità di distruggere le cellule infette.
Il principale strumento effettore dell’immunità umorale sono gli anticorpi (o immunoglobuline), che si legano agli antigeni causandone l’inattivazione e la successiva eliminazione da parte delle cellule fagocitarie, e del sistema del complemento . Quando però i patogeni (virus in primis) sono già penetrati all'interno delle cellule è evidente che gli anticorpi non possono avere alcun effetto: qui entrano in gioco i meccanismi dell’immunità cellulo-mediata che provvedono all’individuazione e alla distruzione delle cellule infette tramite l’azione dei linfociti T citotossici (CTLs).

Quando un soggetto viene infettato con un certo virus e supera la malattia che ne deriva, il soggetto risulta immunizzato in modo attivo: sia la componente umorale che cellulo-mediata sono "pronte" a fare fronte in modo efficace ad una successiva infezione che avrà quindi un andamento sub-clinico senza conseguenze per l'ospite.
Nel caso in cui un soggetto "naïve" (cioè non precedentemente immunizzato) riceva degli anticorpi specifici esibirà una forma di immunità detta immunità passiva che agisce solo a livello dell'immunità umorale, è di durata relativamente breve (legata al tempo di decadimento di questi anticorpi) e non sarà in grado di proteggerlo da successive reinfezioni.
In natura, l'immunità passiva si ha con gli anticorpi materni che i cuccioli ricevono dalla madre attraverso il colostro mentre l'immunità attiva si ha quando il soggetto supera una determinata infezione. La medicina è in grado di fornire un'immunità passiva attraverso i sieri immuni e l'immunità attiva attraverso la vaccinazione.

L’immunizzazione passiva è quella che protegge i cuccioli nelle prime settimane di vita; i gattini neonati ricevono anticorpi materni (Maternally Derived Antibody – MDA) attraverso l’allattamento ed in particolare attraverso il colostro e solo in piccola quantità per via transplacentare. I neonati, specialmente nelle prime 24 ore di vita, assorbono le immunoglobuline attraverso il duodeno ed il digiuno, poi questo processo declina per via della formazione di nuove cellule dell’epitelio che non permettono l’assorbimento degli anticorpi. Il livello degli MDA e quindi l’efficacia della protezione varia in base al titolo anticorpale della madre oltre che dalla regolare assunzione di latte materno. In condizioni ottimali gli MDA garantiscono una protezione per le prime 8 settimane, dall’ottava alla dodicesima settimana si ha un’ulteriore decadimento per cui il gattino non è più protetto dalle infezioni ma il titolo anticorpale è ancora tale da interferire e rendere inefficace la vaccinazione.
Farmacologicamente è possibile attivare un'immunizzazione passiva tramite la somministrazione di sieri immuni (cioè immunoglobuline).

L'immunizzazione attiva contro un determinato patogeno si acquisisce per esposizione naturale e/o tramite la vaccinazione. Il soggetto si infetta con un determinato agente, sviluppa la malattia, guarisce e da questo evento il suo sistema immunitario, nelle componenti umorale e cellulo-mediata acquisisce la capacità di rispondere in modo rapido ed efficace ad una successiva esposizione. Da notare che la risposta adattiva è sempre specifica: cioè si può acquisire l'immunità attiva contro il patogeno X ma non contro il patogeno Y.
La vaccinazione consiste nella somministrazione di un antigene in forma e modi tali da non suscitare la malattia ma sufficiente ad "addestrare" il sistema immunitario a riconoscere quel patogeno e quindi a rispondere in modo veloce ed efficace nel caso il soggetto vada poi incontro ad una vera infezione. Lo sviluppo di una immunità attiva in seguito a vaccinazione richiede un certo periodo di tempo (settimane) e dura per anni (dipende dal vaccino e dal tipo di vaccino): ragione per cui il vaccino è inefficace se il soggetto è già stato esposto o lo sarà entro un tempo troppo breve dalla somministrazione.

Considerazioni sul possibile utilizzo di sieri immuni

L'immunizzazione passiva ottenibile attraverso la somministrazione di siero immune ha il vantaggio di fornire una protezione immediata (cosa che il vaccino non può dare), ma ritarda la possibilità di vaccinare gli animali, è di breve durata e presenta il rischio di reazioni avverse. Può essere valutata come uno strumento di profilassi di ingresso nei rifugi anche se non esiste una sufficiente letteratura a supporto.

Premettiamo che l'immunizzazione passiva NON è una alternativa alla vaccinazione ma è una tecnica che può essere presa in considerazione essenzialmente a scopo preventivo o nelle primissime fasi della malattia ed in contesti particolari quali i gattili.

La breve durata e la limitatezza della risposta conseguente all'immunizzazione passiva, la possibile insorgenza di reazioni avverse (le immunoglobuline sono generalmente eterologhe, provenienti cioè da altra specie), l'inadeguatezza di questa tecnica nel garantire un'immunità duratura nel tempo sono le principali ragioni per cui la tecnica dei sieri immuni ha generalmente ceduto terreno rispetto all'approccio vaccinale.
Il vantaggio dell'immunizzazione passiva è dato dall'efficacia pressochè immediata ed è per questo che la sommistrazione di immunoglobuline è utilizzata, in umana, in condizioni di emergenza (es. tetano, rabbia).

Un gattino (fino ai 2-3 anni) che entra in gattile viene inevitabilmente a contatto con virus pericolosi che persistono nell’ambiente e/o che sono escreti dagli altri animali presenti: parliamo di parvovirus, calicivirus ed herpesvirus che sono la causa prima dell’altissima mortalità che si registra in queste strutture. Vaccinare un gattino all’ingresso e metterlo subito con altri soggetti infetti è inutile e potenzialmente dannoso in quanto verrebbe comunque infettato dai patogeni presenti nell’ambiente mentre la risposta indotta dal vaccino si avrebbe solo settimane dopo. La somministrazione di siero immune ha invece il vantaggio di conferire una protezione parziale ma immediata. L’animale disporrebbe cioè di quegli anticorpi che sono particolarmente utili nella prima fase della malattia quando cioè l’infezione a livello cellulare è ancora contenuta.
In uno studio(1) controllato in doppio cieco su gatti con infezione da FHV/FCV è stato riportato un significativo miglioramento delle condizioni cliniche a partire dal terzo giorno nel gruppo trattato rispetto ad un analogo miglioramento del gruppo di controllo ma solo a partire dal giorno 7. In questo caso siamo in presenza di gatti immunocompetenti il cui sistema immunitario impiega il tempo “canonico” nel rispondere all’infezione (circa 7gg) e la somministrazione del siero immune ha avuto l’effetto di accelerare il processo di guarigione in quanto ha reso disponibili “in anticipo” quegli anticorpi che naturalmente sarebbero stati prodotti solo più avanti.
Nel caso dell’infezione da FPV (panleucopenia) non ci si può aspettare un andamento simile proprio perché il parvovirus provoca una marcata linfopenia sia attaccando i tessuti linfoidi e il midollo osseo sia come conseguenza della migrazione dei linfociti negli altri distretti (GI in primis). È evidente che, sebbene la malattia causi citolisi delle cellule infette e conseguente diffusione dei virus, la somministrazione dei soli anticorpi in un soggetto con un sistema immunitario gravemente compromesso e con i tessuti già colonizzati e danneggiati dal virus non può avere grandi effetti positivi e semmai dare origine alla formazione di immunocomplessi che non potrebbero essere smaltiti per via della carenza di cellule fagocitarie (essenzialmente neutrofili).
L'efficacia delle tecniche di immunizzazione passiva su cani e gatti, specie per la parvovirosi, non è al momento adeguatamente documentata(2)

Uno dei problemi legati alla somministrazione dei sieri immuni è quello dell'interferenza con una successiva vacccinazione. È noto che i vaccini vanno somministrati, di norma, quando sono decaduti gli anticorpi materni (intorno ai 4 mesi di età) in quanto la presenza in circolo di MDA finirebbebro per inattivare gli antigeni presenti nel vaccino vanificandone così l'efficacia profilattica.

Il siero immune si può ottenere in due modi: da un animale della stessa specie precedentemente immunizzato (sieri omologhi) e con un buon titolo anticorpale oppure possono essere usati animali di specie diversa cui viene inoculato l’antigene (sieri eterologhi). Il siero immune ricavato da un animale della stessa specie presenta un rischio molto inferiore di suscitare reazioni allergiche per via dell’assenza di proteine esogene ma la possibilità di trasmettere altre patologie quali FIV, FeLV, M. haemofelis, ecc., il piccolo volume di siero che si può ricavare da un gatto, i rischi di contaminazione in cui si può incorrere nel prelievo e nella lavorazione costituiscono altrettante controindicazioni. Inoltre deve sempre essere determinata la compatibilità tra il gruppo sanguigno del donatore e del ricevente(3).
In diversi paesi europei è commercialmente disponibile un antisiero per FPV, FCV e FHV-1 ricavato dal cavallo (Feliserin Plus ® fabbricante IDT Biologika). Update feb 2017: al momento risulta che la produzione e' sospesa
La via di somministrazione preferibile del siero immune è quella sottocutanea; da tenere conto che somministrazioni successive, specie con siero commerciale di origine equina, aumentano il rischio di reazioni anafilattiche.

Questo sito non utilizza cookies

Sito ospitato gratuitamente da Darwin Computing