Linee guida per la vaccinazione del gatto (AAFP, WSAVA, ABCD)
rivisto il 20/03/2019
Questo articolo riprende e aggiorna una sintesi delle linee guida internazionali pubblicato in precedenza. Le linee guida cui si fa riferimento e le raccomandazioni in esse contenute sono il frutto del lavoro interdisciplinare di esperti di immunologia, malattie infettive e medicina interna che collaborano nell'ambito di organismi veterinari di rilevanza internazionale.
In questo articolo si parla della vaccinazione in generale con particolare rifeimento ai vaccini "core" (o RCP), cioè quelli contro la panleucopenia, herpesvirus e calicivirus (FPV, FHV-1, FCV); per i dettagli relativi ai singoli vaccini e a quelli non core (FeLV, rabbia, ecc.) rimandiamo alle linee guida citate.
Linee guida sulle vaccinazioni:
- 2013 AAFP Feline Vaccination Advisory Panel Report; JFMS; 2013
- Vaccines and vaccination, an introduction; ABCD; 2015
- ABCD Guidelines on Vaccination in Immunosuppressed Cats; Hartmann et al.; ABCD; 2017
- Linee guida per la vaccinazione del cane e del gatto; WSAVA; 2015
- Prevention of infectious diseases in cat shelters; ABCD guidelines; Möstl et al.; JFMS; 2013
Principi e meccanismo d'azione dei vaccini
L'invenzione della vaccinazione come profilassi contro le malattie infettive viene attribuita ad Edward Jenner che, a fine settecento, sperimentò con successo un rudimentale vaccino contro il vaiolo inoculando ad un ragazzino il siero ricavato da una pustola infetta di una mucca. Da allora i progressi della medicina hanno permesso di chiarire il meccanismo d'azione dei vaccini e la tecnologia biomedica è oggi in grado di produrre vaccini profilattici per molte malattie virali e batteriche che colpiscono uomini ed animali.
Dal 1980 il vaiolo è ufficialmente eradicato su scala globale grazie ai programmi di vaccinazione di massa.
La vaccinazione ha l'obiettivo di stimolare la risposta adattativa del soggetto ad un determinato antigene e consiste nella somministrazione di una piccola, e comunque innocua dose di antigene, o di un determinante antigenico.
Il sistema immunitario dei mammiferi è un sistema estremamente complesso che si può distinguere in due componenti tra loro cooperanti: l'immunità innata e l'immunità adattativa. L'immunità innata è costituita da diversi tipi di cellule specializzate, proteine circolanti (il sistema del complemento) e citochine di segnalazione che sono in grado di riconoscere ed eliminare una serie di patogeni che presentano un pattern caratteristico (essenzialmente certi tipi di batteri) che li distingue dalle cellule dell'ospite. L'immunità innata ha la caratteristica di rispondere ad infezioni di questo tipo in modo molto rapido e sempre ugualmente efficiente alla prima e alle successive esposizioni.
L'immunità adattativa, al contrario di quella innata, è invece "specifica": è cioè in grado di riconoscere ed attaccare quello e solo quello specifico patogeno. Un particolare tipo di cellule immunitarie, i linfociti, hanno la caratteristica di essere estremamente diversificati tra loro: virtualmente, ognuno di essi è in grado di riconoscere solo uno specifico antigene ed essere "indifferente" agli altri. Alcuni tipi di cellule (le cellule dendritiche e altre) hanno il compito di catturare e portare nei linfonodi questi patogeni e lì "presentarle" ai linfociti di passaggio fino a trovare quei pochi che sono predisposti a riconoscerlo. A seguito del riconoscimento, queste cellule si moltiplicano, mettono in campo dei meccanismi effettori (es. gli anticorpi) e sopratutto alcune di esse, destinate a vivere molto tempo, assumeranno delle funzioni di "memoria".
Dopo circa una settimana avremo quindi un gran numero di linfociti specifici in grado di rispondere in modo efficace a questi patogeni sia quando si trovano negli spazi extracellulari (immunità umorale) che quando hanno infettato delle cellule (immunità cellulo-mediata). Alla risoluzione dell'infezione, questi linfociti che si sono moltiplicati in gran numero, avendo concluso il loro compito, sono destinati a morire, ma le cellule memoria sopravvivranno per un tempo molto lungo (diversi anni). Se in seguito, il nostro organismo andrà incontro ad una nuova infezione dello stesso patogeno, le cellule memoria saranno in grado di organizzare una risposta molto rapida, bloccando l'infezione agli stadi iniziali o facendo comunque in modo che la malattia abbia un decorso sub-clinico. Detto in altri termini, se sopravviviamo alla prima infezione di un certo patogeno resteremo poi immuni alle successive esposizioni.
Jenner non poteva saperlo, ma il vaccino funziona proprio così: "simula" un'infezione e quindi "addestra" il nostro sistema immunitario in modo tale che risponda in modo veloce ed efficace a quella specifica infezione quando e se capiterà.
I vaccini sono strumento di profilassi: non servono a nulla, ed anzi possono essere dannosi quando l'infezione è in corso, ma mettono in condizione il soggetto di rispondere in modo efficace se e quando sarà esposto al patogeno.
Perché vaccinare
Le vaccinazioni hanno un doppio scopo: da un lato proteggere l'individuo, dall'altro proteggere la popolazione.
Che si vaccini per proteggere l'individuo è evidente; meno evidente, ma non meno importante, è che la vaccinazione serva a proteggere la popolazione (compresi i soggetti non vaccinati) attraverso quello che si chiama "effetto gregge" (herd immunity). Per comprendere come la vaccinazione possa servire a questo scopo bisogna ricordare che i virus (principali ma non unici target dei vaccini) si replicano solo all'interno delle cellule di un individuo: nell'ambiente possono vivere più o meno a lungo (da minuti a diversi mesi) ma non si possono riprodurre. Se in un determinato ambiente sono presenti dei virus ma questi non riescono ad infettare degli individui perché immunizzati, e quindi non possono riprodursi e sostenere il ciclo infezione-riproduzione, prima o poi sono destinati a morire e in quel territorio la malattia si può considerare eradicata.
L'eradicazione non è però il solo motivo per cui si spinge a vaccinare una percentuale di popolazione molto ampia; l'altra ragione, più immediata e concreta ed indipendente da politiche di eradicazione, è che ci sono individui che non possono essere vaccinati (immunodepressi) o sono troppo giovani (interferenza con gli anticorpi materni) o sui quali il vaccino non risulta pienamente o per nulla efficace (fallimento vaccinale). Gli epidemiologi hanno valutato che si ha una protezione ottimale quando almeno una certa percentuale della popolazione è stata vaccinata (il famoso 95% di cui si parla nelle vaccinazioni umane sui bambini): si tratta di una soglia che garantisce, in termini statistici, che non ci possano essere serbatoi (reservoir) del patogeno in questione.
I vaccini sono pensati principalmente per proteggere dalle malattie trasmissibili ma ci sono vaccini che hanno obiettivi diversi: il tetano, ad esempio, non è infettivo ma le conseguenze possono essere di tale gravità per cui è più che giustificata la vaccinazione come strumento di prevenzione individuale. Un altro caso è quello della riduzione del rischio zoonosico, ad esempio per la rabbia dove, nelle zone in cui esiste questo rischio, la vaccinazione degli animali domestici è obbligatoria e serve ad evitare che possano infettarsi dal contatto con animali selvatici e poi trasmetterla all'uomo.
Quando vaccinare (MDA, DOI)
In primo luogo va ricordato che non ha alcun senso (e può essere dannoso) vaccinare quando la malattia è in corso, quando il soggetto presenta altre malattie e/o il l'animale può essere esposto a breve: in altri termini non ha senso vaccinare un gattino subito prima di metterlo in un ambiente a rischio. I vaccini garantiscono immunità non prima di 7-30 giorni o più dall'inoculo (dipende dalla malattia per cui si vaccina, dal tipo di vaccino, dall'età/condizione dell'animale); quando si segue il normale corso vaccinale si considera immunizzato un soggetto ad almeno una settimana dal richiamo. Il gatto appena vaccinato, e quindi non ancora immunizzato, va considerato un soggetto naïve e deve quindi restare in un ambiente non a rischio.
MDA (Maternal Derived Antibody): i cuccioli nei primissimi giorni di vita possono ricevevere degli anticorpi attaverso il colostro e in misura minore attraverso il latte materno che garantiscono una protezione nei primi mesi di vita. "Possono" non significa che sicuramente ricevano perché non è detto che la madre disponga di tali anticorpi (perché immunodepressa, perché mai esposta/vaccinata) e quindi questi cuccioli non beneficeranno di questa forma di protezione. Gli anticorpi materni, quando ci sono, possono però interferire con il vaccino (nel senso che aggredirebbero gli antigeni vaccinali rendendolo inefficace) ed è questa la ragione per cui, in condizioni normali si vaccina intorno ai 4 mesi di età quando ormai gli MDA sono completamente decaduti.
Gli MDA decadono col tempo, sono efficaci nelle prime 4-6 settimane di vita, poi, progressivamente perdono efficacia per azzerarsi entro i 4 mesi: si apre quindi una finestra, indicativamente di due mesi, in cui il gattino non è protetto dagli anticorpi materni ma non può ancora ricevere il vaccino per via delle possibili interferenze: nessun problema se madre e cuccioli vivono in un ambiente "pulito" ma ovviamente non sarebbe accettabile in un gattile o in una casa con diversi gatti e/o elevato turnover. In queste situazioni si può vaccinare già alla 4-6 settimana e ripetere la vaccinazione ogni 20-30 giorni fino al raggiungimento dei 4 mesi.
DOI (Duration of Immunity): si è accennato al fatto che il meccanismo di azione dei vaccini si fonda sulla capacità del sistema immunitario di conservare una memoria di precedenti esposizioni e quindi di rispondere in modo rapido ed efficace a eventuali esposizioni. Tale periodo è generalmente lungo ma non tanto quanto la vita dell'animale: da qui la necessità di richiami periodici, ossia di successive vaccinazioni.
La DOI indica appunto per quanto tempo è garantita l'immunizzazione attiva conseguente al vaccino: questo tempo dipende da tanti fattori (la malattia per cui si vaccina, il tipo di vaccino, l'età dell'animale, ecc.). Anni fa veniva consigliato il richiamo annuale per tutti i normali vaccini che vengono somministrati ai gatti: quelli contro FPV, FHV-1, FCV; altrimenti detti vaccini "core" o RCP (Rinotracheite, Calicivirosi, Panleucopenia). Ad oggi la frequenza di richiamo è posta a tre anni per i gatti che vivono in contesti a basso rischio, e un anno in contesti a rischio (es. gattili).
Qui si riportano indicazioni generali ma la DOI è diversa a seconda del vaccino (RCP, FeLV, ecc.) e del tipo di vaccino (ucciso, MLV) per cui è sempre bene riferirsi ad indicazioni specifiche riportate nelle linee guida e nei foglietti illustrativi dei vaccini.
Tipologie di vaccini
Non tutti i vaccini, anche se per lo stesso agente infettivo sono "uguali": le diverse tecnologie di produzione dei vaccini(1) determinano l'efficacia, la sicurezza, la DOI e la via di somministrazione dei singoli prodotti. È necessario conoscere le differenze fondamentali tra i diversi tipi di vaccino:
- Vaccini inattivati (o uccisi o spenti): i patogeni vaccinali sono inattivi (vengono inattivati con formaldeide e altri composti) e quindi non possono dare origine alla "reversione della virulenza" (peraltro estremamente rara/non esistente con i vaccini attuali) in quanto non in grado di replicarsi e per questo sono indicati nei soggetti immunodepressi e in gravidanza. Per converso sono meno immunogenici, cioè hanno minore capacità di suscitare una risposta immunitaria efficace, generalmente richiedono più somministrazioni e richiami frequenti. La risposta immunitaria è ritardata rispetto agli MLV proprio a causa di una ridotta immunogenicità. Solitamente i vaccini inattivati contengono adiuvanti, cioè sostanze necessarie a stimolare una risposta infiammatoria necessaria a richiamare in situ le cellule immunitarie con le quali deve interagire l'antigene.
- Vaccini attenuati (MLV - Modified Live Vaccine): sono i vaccini in cui il patogeno, attraverso diversi passaggi in coltura ha perso virulenza: ha cioè subito delle alterazioni per cui è ancora in grado di potersi replicare senza però dare origine alla malattia clinica, anche se in rarissimi casi possono dare origine ad una forma lieve di malattia e per questo vengono classificati come "vaccini infettivi". Generalmente questi vaccini inducono più rapidamente la risposta immunitaria e sono privi di adiuvanti.
- Vaccini ricombinanti: sono vaccini prodotti con tecniche di ingegneria genetica per cui si utilizza un virus innocuo modificato in modo tale da portare frammenti immunogenici del virus patogeno. Hanno efficacia analoga agli MLV ma senza la possibilità di replicazione e solitamente sono senza adiuvanti.
Fallimento vaccinale
Innanzitutto va ricordato che nessun vaccino garantisce una copertura del 100% e quindi, anche per i soggetti immunizzati sono importanti le misure igieniche ed è importante evitare l'esposizione; inoltre non va dimenticato che per la stessa malattia i diversi tipi di vaccino hanno diversa efficacia (anche in termini di DOI) e che i vaccini per alcune malattie (es. FHV-1) garantiscono una protezione inferiore rispetto ad altre.
I fallimenti vaccinali, cioè i casi in cui un soggetto vaccinato contrae comunque la malattia per cui è stato vaccinato, non sono però solo attribuibili ai limiti "intrinseci" del vaccino ma ad errori nella schedulazione e nella somministrazione dei vaccini oltre che allo stato di salute dell'animale. Alcune cause possibili sono le seguenti:
- interferenza con gli MDA: come già ricordato se si vaccina un soggetto troppo giovane (sotto i 4 mesi di età) c'è la possibilità che gli anticorpi materni interferiscano col vaccino limitandone/annullandone l'efficacia;
- esposizione precoce: se un soggetto viene esposto precocemente al patogeno può contrarre la malattia: prudenzialmente, un soggetto si può considerare immunizzato a non meno di 10 gg dal richiamo anche se una singola dose di vaccino MLV contro il FPV garantisce un certo grado di protezione dopo 7 giorni;
- esposizione a ceppi diversi: se un soggetto anche perfettamente vaccinato viene esposto ad un patogeno di ceppo diverso rispetto a quelli per cui il vaccino garantisce una protezione crociata che si può ammalare;
- alterazione del prodotto: la confezione di vaccino può essere alterata perché scaduta o perché ha subito un'interruzione della catena del freddo (i vaccini devono essere conservati in frigorifero);
- mancato rispetto dei richiami previsti: se non viene rispettata la frequenza di richiamo consigliata (che varia a seconda delle diverse malattie e per il tipo di vaccino) l'animale, se esposto, può contrarre la malattia;
- immunodeficienze e altri fattori soggettivi: si può avere una ridotta/scarsa risposta del soggetto per via di immunodeficienze acquisite (retrovirus), congenite (rare) o iatrogene (trattamenti con cortisonici, ciclosporine); oppure ancora per via di altre malattie in corso al momento della somministrazione che hanno interferito con l'azione del vaccino.
Reazioni avverse ai vaccini
I vaccini sono lo strumento più potente, e spesso l'unica difesa efficace contro le malattie infettive: malattie che in molti casi presentano tassi di mortalità superiori al 60% (es. panleucopenia) e contro le quali non esistono cure. Detto ciò, è bene essere consapevoli che la vaccinazione non è del tutto priva di rischi(2) e per questo vanno evitate le vaccinazioni non necessarie (non si vaccina per la rabbia dove non c'è rischio, non si vaccina per FeLV in gatto che vive in appartamento, ecc.) e le sovravaccinazioni (richiami troppo e inutilmente frequenti).
I vaccini, come tutti gli altri farmaci ad uso umano e veterinario, sono sottoposti alla farmacovigilanza: un organismo del Ministero della Salute attraverso il quali medici, farmacisti e cittadini possono (e devono) segnalare le sospette reazioni avverse ad un vaccino o ad un farmaco(3): si parla di "sospette" reazioni avverse in quanto una semplice relazione temporale ("ho somministrato il vaccino e poi è successo questo") NON implica necessariamente una relazione causale, cioè che il farmaco somministrato sia la causa dell'evento osservato (qui un caso di falsa reazione avversa).
Le possibili reazioni avverse al vaccino, sebbene rare (dell'ordine di 1 su 10.000 dosi o inferiori), sono di vario genere e le più comuni (e innocue) sono letargia, febbre, reazioni locali: molto rari i casi di reazione anafilattica e decesso(4).
Entrando più in dettaglio le reazioni avverse possono ricadere in queste categorie:
- Reazioni di ipersensibilità/anafilassi: si tratta di reazioni acute, IgE mediate, che comportano il rilascio massivo di amine vasoattive (istamina), prostaglandine, diverse citochine, ecc. che provocano infiammazione e vasodilatazione con conseguente edema e repentina caduta della pressione sanguigna che può portare alla morte del soggetto. Si tratta di una reazione di tipo I(5) da imputare a proteine presenti soprattutto nei vaccini inattivati e adiuvati derivanti dal medium di coltura (siero fetale bovino, uovo) che non possono essere totalmente eliminate dal processo di purificazione. Si tratta di un aspetto da considerare sopratutto sui pazienti atopici e nella somministrazione del vaccino contro la rabbia. L'insorgenza di una reazione anafilattica è rapida (al massimo entro un'ora) e può essere inizialmente contrastata con la somministrazione di adrenalina. Anche gli adiuvanti(6), necessari nei vaccini inattivati per accrescerne la risposta immuntaria, possono concorrere ad esacerbare la risposta allergica nei soggetti predisposti. Da ricordare che questo tipo di reazioni allergiche possono essere causate anche da altre tipologie di farmaci (anestetici, antibiotici, mezzi di contrasto, ecc.).
- Reazioni locali (reazione di Arthus): questo genere di reazioni sono mediate da immunocomplessi (tipo III), occorrono entro le 24 ore dalla somministrazione e si manifestano con arrossamento, gonfiore, dolore localizzato al sito di inoculo. Sono fastidiose ma non pericolose e si risolvono spontaneamente nell'arco di alcuni giorni.
- Sarcoma vaccino-indotto (FISS - Feline Injection Site Sarcomas)(7): si tratta di tumori solidi che si sviluppano tra i 4 e i 15 mesi dalla somministrazione di vaccini uccisi adiuvati (per gli altri tipi di vaccino il nesso causale non è dimostrato) con una prevalenza compresa tra 1 a 1000 e 1 a 10.000 vaccinazioni: quindi relativamente bassa ma non del tutto trascurabile. Il rischio di FISS può e deve essere minimizzato vaccinando i gatti sulle zampe posteriori e non nell'area intrascapolare: nel malaugurato caso di insorgenza di un tumore sulla zampa si può intervenire, al limite con l'amputazione, mentre sul collo no.
- Autoimmunità: ci sono diverse congetture, ma pochi studi (e nessuno sul gatto, dove peraltro questa patologia è meno comune), che collegano i vaccini con la comparsa di patologie autoimmuni ed in particolare l'anemia emolitica immuno-mediata (IMHA). Se allo stato attuale risulta scorretto parlare di correlazioni tra vaccini e autoimmunità non si può escludere che la combinazione di fattori genetici, ambientali e una sovrastimolazione del sistema immunitario possa contribuire in qualche modo nella patogenesi: anche per questo tutte le maggiori organizzazioni veterinarie indicano in 3 anni il tempo che deve trascorrere tra un richiamo e l'altro per i vaccini "core".
Soggetti immunocompromessi
L'immunodeficienza è una condizione patologica caratterizzata dalla riduzione della capacità di attivazione e/o effettrice del sistema immunitario; gli agenti immunosoppressori possono essere virus (es. FIV, FeLV), batteri (es. M. tuberculosis), farmaci (es. cortisonici, ciclosporine, chemioterapici, radioterapia) ma anche condizioni patologiche non infettive transienti (es. stati infiammatori, infezioni a diversa eziologia) e/o croniche (es. diabete mellito, IRC, tumori) possono indurre immunosoppressione; inoltre, sebbene rare nel gatto(8), possono esserci immunodeficienze primitive di origine genetica.
Il grado e la severità delle diverse forme di immunodeficienza sono molto diverse e, anche nel caso delle forme più comuni quali FIV e FeLV, l'effettivo stato di compromissione della funzionalità del sistema immunitario deve essere attentamente valutata. Se è acclarato che in presenza di uno stato di immunosoppressione acuto va evitata la vaccinazione, la scelta se vaccinare o meno in presenza di una qualunque condizione patologica che comporti o possa comportare immunosoppressione va presa in relazione al singolo caso e in un'ottica di valutazione rischi-benefici. In altri termini, se in una condizione normale si vaccinano solo animali in buone condizioni di salute, è ragionevole derogare da tale indicazione in presenza di un significativo rischio infettivo (es. rifugi). Nel seguito le raccomandazioni relative ai principali casi di immunocompromissione:
- FIV: è stato proposto che i gatti FIV dovrebbero ricevere solo vaccini inattivati per il timore che il virus attenuato presente nei vaccini MLV possa riguadagnare patogenicità su soggetti immunodepressi ma non esistono conferme definitive a tale riguardo. L'efficacia dei vaccini core sui FIV dipende dalla condizione del soggetto: si è visto che negli stadi iniziali dell'infezione gli animali sono in grado di montare una risposta adeguata ma non negli stadi terminali della malattia. Il vaccino per FeLV può essere somministrato ai gatti FIV anche se vi sono studi non proprio concordanti nella valutazione del grado di protezione. Vi sono inoltre preoccupazioni circa la possibilità che l'immunostimolazione vaccino-indotta possa portare ad una progressione dell'infezione ma anche su questo punto non vi sono conclusioni definitive. In definitiva si può affermare che i gatti FIV positivi vanno vaccinati ma, a maggior ragione, va evitata la sovravaccinazione: ad esempio i richiami in gatti vaccinati non a rischio sono da evitare.
- FeLV: i gatti FeLV con infezione progressiva presentano una immunocompromissione più marcata che non i gatti FIV. Anche per i FeLV sarebbero preferibili i vaccini inattivati in quanto viene riportato, per questi gatti, un rischio lievemente maggiore di effetti avversi legati agli MLV. A differenza dei FIV, per i gatti FeLV i richiami devono essere effettuati regolarmente in quanto questi gatti rispondono in modo meno efficace e con una DOI inferiore rispetto ai sani. Specialmente se si tratta di gatti che escono all'esterno si consiglia una frequenza di richiamo maggiore (es. ogni 6 mesi) al fine di assicurare una adeguata protezione.
- Tumori: in genere i pazienti oncologici presentano immunosoppresione, sia a causa del tumore in sé che nel caso di tumori FeLV-correlati, oltre che, ovviamente a causa dei trattamenti chemioterapici: ad esclusione dei casi in cui i trattamenti inducono severa neutropenia, questi gatti possono ricevere i richiami vaccinali anche con maggiore frequenza.
- Diabete: nei casi in cui il diabete è ben controllato si può vaccinare secondo i normali protocolli ma non si deve vaccinare in presenza di diabete non controllato.
- IRC: al netto degli studi(9) che ipotizzano la sovravaccinazione come una tra le cause dell'insorgenza dell'insufficienza renale cronica, e considerato che questa patologia interessa solitamente i gatti in età matura/avanzata, è da valutare, caso per caso, la sospensione dei richiami vaccinali.
- Trattamenti immunosoppressivi: per quanto riguarda i cortisonici somministrati in modo continuativo per lunghi periodi a dosi immunosoppressive (es. prednisolone a dosi >=2mg/kg) si sconsigliano i vaccini MLV mentre a dosi inferiori si può andare incontro ad una risposta vaccinale ridotta. Quando possibile, è consigliabile posticipare i richiami a valle della sospensione del trattamento. Il trattamento con ciclosporine può causare un ritardo/minore risposta alla vaccinazione; si possono somministrare i richiami ma la prima vaccinazione dovrebbe precedere l'inizio del trattamento. I diversi protocolli chemioterapici causano generalmente immunosoppressione e per questo, in assenza di studi sui gatti, si consiglia di vaccinare prima dell'inizio del trattamento (almeno 2 settmane): da studi sui cani risulta che la protezione da vaccino non venga compromessa dalla terapia.
- Anestesia/sterilizzazione: uno studio(10) dimostra che i cuccioli rispondono in modo adeguato ai vaccini MLV anche se somministrati in concomitanza all'anestesia/sterilizzazione; altri studi sui randagi(11) hanno evidenziato come anche solo una singola somministrazione di vaccino in corso di sterilizzazione garantisce discreta protezione.
- Gatti anziani: innanzitutto va detto che è molto raro che gatti anziani (oltre i dieci anni) muoiano o presentino segni di malattie infettive specie se vaccinati da giovani(12); inoltre non si sa se i richiami vaccinali possano o meno avere degli effetti pro-infiammatori deleteri e quindi è ragionevole ridurre il numero o evitare i richiami: sicuramente vanno evitate le sovravaccinazioni e l'eventuale vaccinazione deve essere decisa a valle di una valutazione caso per caso.
- Gravidanza: preferibilmente non si vaccina e comunque non i vaccini MLV ma solo con i vaccini inattivati.
Schema di protocollo vaccinale
In figura si propone uno schema di protocollo vaccinale per "gatti di casa" e per gatti "a rischio" cioè che vivono in rifugi e/o ambienti con molti altri gatti, ad elevato turn-over. Si tratta di uno schema che ovviamente deve essere letto tenendo in considerazione quanto riportato nell'articolo e soprattutto facendo riferimento alle linee guida citate. Da tenere presente che l'immunità conferita dal vaccino per FPV (panleucopenia) è molto più duratura ed efficace di quella conferita dai vaccini per FHV-1 e FCV (herpes e calicivirus).
Per quanto riguarda i gatti di casa che non hanno accesso all'aperto i proprietari tendono a sottovalutare l'importanza delle vaccinazioni in quanto i gatti non avrebbero la possibilità di venire contagiati: vero fino a che restano in casa ma falso se questi gatti devono essere ricoverati o trascorrere un periodo di tempo presso una pensione. In una clinica veterinaria possono infatti essere ricoverati animali con parvovirosi e altre malattie trasmissibili per cui, per quanto professionale sia la gestione, il rischio non è mai zero (e infatti molte cliniche e pensioni richiedono l'attestazione dell'avvenuta vaccinazione all'accettazione).
Le persone che fanno stalli, e che hanno gatti propri, anche se adulti, devono assolutamente vaccinarli in quanto questi possono essere veicolo dell'infezione; lo stesso "obbligo" vale anche per le persone che per volontariato o per ragioni professionali hanno occasione di entrare in contatto con gatti potenzialmente malati: ricordiamo che il virus della panleucopenia si può trasportare attraverso scarpe ed indumenti.
Vaccinazione nei rifugi e nelle colonie
Nessun vaccino può conferire una protezione immediata e quindi la vaccinazione - da sola - non può essere la soluzione al problema della diffusione delle malattie infettive nei rifugi, e segnatamente, la panleucopenia.
In un altro articolo si è discusso del possibile utilizzo dei sieri immuni come profilassi nei rifugi ma questa tecnica presenta dei limiti (interferenza con le vaccinazioni, possibili reazioni avverse) ed oltretutto i prodotti non sono facilmente reperibili. L'unica soluzione, per quanto difficile da mettere in pratica, è la quarantena e la stretta osservanza delle misure igieniche, di disinfezione ed isolamento. Poi, indubbiamente, è fondamentale che i soggetti residenti siano regolarmente vaccinati secondo il protocollo dei "gatti a rischio".
Quando possibile bisogna vaccinare i gatti almeno una settimana prima dell'ingresso in rifugio (con vaccini MLV che garantiscono un più rapido onset della protezione). Normalmente non si sa se i gatti che entrano in un rifugio siano vaccinati o meno: nel dubbio si deve rivaccinare.
In questi contesti il rischio principale è dato dall'accoglienza di gattini/gatti giovani e dal tenerli insieme, in locali non isolati, in gabbie non adeguatamente disinfettate. Se i gattini in ingresso rappresentano il rischio principale non va dimenticato che anche i gatti adulti asintomatici possono essere escrettori del virus(13) della panleucopenia oltre che dei "normali" virus respiratori (FHV-1 e FCV): ragione per cui è fondamentale che la popolazione residente sia coperta dalle vaccinazioni.
Nelle colonie è impensabile implementare dei regolari protocolli vaccinali ma è bene ricordare nuovamente(11) che è possibile vaccinale i gatti in corso di sterizzazione e che questa pratica garantisce una protezione relativamente efficace.